Nessuno si auspica di ricevere una lettera di licenziamento, soprattutto quando si ritiene lo stesso ingiustificato e basato su futili motivazioni. Ma proprio per tali ragioni, i lavoratori che subiscono tale trattamento possono appellarsi alla legge per essere tutelati sotto diversi punti di vista.
In sintesi, quando il licenziamento è illegittimo, ossia non supportato da validi motivi, vi è la possibilità di appellarsi alla Legge n. 604/1966 e nell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) aggiornati dalla Legge n. 92/2012 e dal D.lgs. n. 23/2015. Gli ultimi due casi sono specifici per i lavoratori assunti successivamente al 7 marzo 2015. Ad oggi, quindi, si fa riferimento a due diversi regimi normativi distinti sulla base di assunzione del lavoratore.
Quando il licenziamento è illegittimo
Il licenziamento consiste in un recesso del rapporto del lavoro da parte del proprio datore. Si parla di licenziamento illegittimo quando questo avviene:
- Per motivi discriminatori (politici, sindacali, di genere, età, handicap, raziali, orientamento sessuale, lingua, convinzioni personali;
- Per comunicazione in forma orale;
- A causa di congedi di maternità/paternità;
- A causa del matrimonio;
- In mancanza degli estremi per giusta causa o del giustificato motivo soggettivo/oggettivo (insussistenza dei fatti contestati, fatti e condotte non rilevanti da condurre al licenziamento);
- Altre cause di nullità previste dalla legge.
A seconda della data di assunzione del lavoratore, in seguito all’impugnazione del licenziamento sono previste diverse tipologie di tutele che vanno dalla reintegrazione del lavoratore fino alla corrispondenza di indennità economiche.
Cosa prevede la legge
Per quanto riguarda la legge del 28 giugno 2012 n. 92 sono previste le seguenti disposizioni.
Nell’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, propedeuticamente allo stesso licenziamento, è obbligatoria una procedura di conciliazione dinanzi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Le sanzioni spettanti al datore di lavoro in caso di licenziamento illegittimo sono graduali in virtù del vizio del licenziamento.
Il licenziamento, per essere effettivo, deve essere obbligatoriamente comunicato sottoforma di lettera di licenziamento con le motivazioni che ne hanno dato origine. Infine, per quanto riguarda l’impugnazione licenziamento deve avvenire attraverso un atto scritto giudiziale o extragiudiziale, entro 60 giorni.
Il Decreto Legislativo del 4 marzo 2015, n.43 riguarda i lavoratori assunti a tempo indeterminato successivamente al 7 marzo 2015 e ha le seguenti caratteristiche.
In seguito al licenziamento illegittimo sono favorite le tutele indennitarie, ossia la corrispondenza di somme di denaro, piuttosto che la reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro. L’indennità spettante al lavoratore licenziato illecitamente, verrà valutata e calibrata sulla base dell’anzianità di servizio del licenziato.
In ogni caso, la reintegrazione sussiste nei casi in cui il lavoratore sia stato licenziato per motivi precedentemente citati. In ultimo, è prevista la possibilità per il datore di lavoro di revocare il licenziamento entro 15 giorni dal momento in cui si ha la ricezione dell’impugnazione di licenziamento da parte del lavoratore.
Contestare il licenziamento
Per impugnazione licenziamento si intende la procedura secondo la quale il lavoratore licenziato illegittimamente si oppone alla volontà del datore di lavoro contestando la recessione del contratto.
L’impugnazione può essere stragiudiziale o giudiziale.
Nel primo caso il lavoratore invia una lettera al suo datore di lavoro contestandone la decisione presa. Talvolta, può essere anche un avvocato a sottoscrivere la lettera controfirmata dal lavoratore previo invio. In questa fase le parti coinvolte cercano di raggiungere un accordo transattivo per evitare il procedimento giudiziale.
Nel caso in cui venga raggiunto un accordo conciliativo, lo stesso dovrà essere formalizzato nelle “sedi protette”, ossia l’Ispettorato del Lavoro territoriale, una sede sindacale, una commissione di certificazione e un’associazione dei datori di lavoro.
Nel caso in cui non si presentasse questa situazione, l’unica via percorribile diventa fare causa al proprio datore di lavoro. A tal proposito si parlerà di impugnazione giudiziale del licenziamento, la quale può essere eseguita esclusivamente da un avvocato.